mercoledì 30 novembre 2011

33 Festival del Nuevo Cine Latinoamericano a La Habana


Il 3 Dicembre inizierà a La Habana il 33 Festival del Nuevo Cine Latinoamericano (http://www.habanafilmfestival.com)/, dove concorreranno 562 lavori di 46 paesi. Il Brasile con 25, Messico con 24 e l’Argentina con 18 saranno i più rappresentati nel concorso, nel quale si presenteranno 14 mostre parallele di cinema contemporaneo latinoamericano ma non solo. Il festival si concluderà l’11 dicembre.
Tra i giurati  per i film di finzione  spiccano direttore Cileno Orlando Lubbert, la attrice brasiliana Patricia Spiller, il regista portoricano Ramón Almodóvar e lo sceneggiatore cubano Senel Paz  , mentre per le opere prime  il regista colombiano Ciro Guerra e l’ argentino Santiago Loza. Ad inaugurare il festival sarà il film del regista argentino  Sebastián Borensztein  Un Cuento chino (Racconto cinese). Il film, che ha come attore protagonista Ricardo Alberto Darín, si è aggiudicato il Marc'Aurelio d'oro e il Premio del Pubblico al Festival del cinema di Roma 2011.

Oltre alla proiezione dei film, sono previsti due seminari internazionali, tra cui uno a proposito de la presenza latina negli Stati Uniti, intitolato “Puentes y más Puentes”  con la presenza di una folta delegazione di giovani cineasti portoricani e dominicani residenti  negli States.
Gabriele Morandi
Porre fine all'impunità per liberarsi dalla violenza,
esigono le donne nicaraguensi
Forte mobilitazione in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Marcia delle donne a Managua © (Foto G. Trucchi)
 
Managua, 25 novembre (LINyM). - Donne, giovani e bambine nicaraguensi sono scese in piazza in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e hanno partecipato alla mobilitazione indetta dalla Rete delle Donne contro la Violenza, RMV, per esigere che si ponga fine all'impunità e che il Parlamento approvi nel minor tempo possibile una legge che affronti in modo integrale il dramma della violenza di genere.
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"Il nostro principale obiettivo è quello di promuovere, in modo sistematico e permanente, azioni di sensibilizzazione, educazione, prevenzione e denuncia, difendendo il diritto umano delle donne a potere vivere una vita libera dalla violenza. Sfortunatamente, in Nicaragua stiamo assistendo a un grave deterioramento delle condizioni della donna", ha affermato Matilde Lindo, attivista della RMV. 
 
Secondo i dati forniti da questa organizzazione, negli ultimi dieci anni in Nicaragua sono state assassinate 729 donne - 71 delle quali durante l'ultimo anno - mentre i Commissariati della Donna e dell'Infanzia a livello nazionale hanno registrato 66.522 denunce di violenza contro le donne negli ultimi due anni e cioè una media di 95 denunce al giorno. Durante il 2010, dei 3.856 delitti gravi registrati dai Commissariati della Donna, il 78,13 per cento riguarda delitti sessuali, dove le vittime sono molto spesso bambine e adolescenti. 
 
Da segnalare anche che in Nicaragua, come nel resto della regione centroamericana, esiste una forte sottostima dei dati relativi alla violenza contro le donne e una tipificazione e classificazione inadeguata di questi delitti. "Tutti elementi che non aiutano certo a comprendere e rendere visibile la gravità e la dimensione del problema", ha denunciato la Rete in un documento presentato recentemente. 
 
"Uno dei principali problemi che viviamo è che non riusciamo ancora a costruire una società sensibile a questi problemi e cosciente del fatto che la violenza contro le donne è un delitto. Continua invece a prevalere la naturalizzazione della violenza di genere. È per questo motivo che diciamo che si deve destrutturare la visione patriarcale secondo la quale con il corpo della donna ognuno può fare ciò che vuole", ha spiegato Lindo. 
 
Durante la manifestazione che ha attraversato la capitale e che si è conclusa di fronte al Parlamento, le donne nicaraguensi hanno chiesto di porre fine all'impunità e di condannare i colpevoli, "troncando il traffico di'influenza nei processi giudiziari che mette in libertà assassini, aggressori e violentatori". Secondo loro, i principali responsabili dei femmicidi sono i mariti, ex compagni di vita, i fratelli o altri parenti. Il 70 per cento di questi delitti restano impuni. 
 
"L'impunità è aumentata in modo sfacciato. Benché nella Costituzione del Nicaragua si riaffermi l'uguaglianza assoluta tra uomini e donne, nella pratica non è così. Di fronte alla società, come donne non godiamo ancora dei pieni diritti di cittadinanza. Lo Stato e le Chiese sono in gran parte responsabili di questa situazione", ha aggiunto l'attivista della RMV. 
 
Tra le altre richieste presentata durante la manifestazione vi sono la depenalizzazione dell'aborto terapeutico, la ratifica da parte dello Stato del Protocollo opzionale alla Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e l'applicazione reale della sanzione sociale nelle situazioni di violenza contro le donne.
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi  - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione  Italia-Nicaragua - www.itanica.org )  

lunedì 28 novembre 2011

Depo-provera...la pillola "Anti-Messico"

Qualche settimana fa (esattamente il 14 novembre) nel quotidiano spagnolo El Pais è uscito un interessante articolo del giornalista nicaraguense C. Salinas Maldonado riferito al drammatico cammino che migliaia e migliaia di cittadini centroamericani (ma non solo... a New York ho avuto modo di conoscere immigrati che erano arrivati negli States camminando addirittura dall'Equador!) intraprendono per inseguire “il loro sogno americano”. E l’articolo pone l’attenzione su come una parte consistente di questo stormo perpetuo è rappresentata da donne, e come i   loro i pericoli e i loro  drammi sono molto maggiori rispetto a quelli a cui incorrono gli uomini.
Nell’articolo Maldonado ci racconta dell’esperienza della cineasta salvadoreña Marcela Zamora, che ha fatto per quattro volte andata e ritorno il tragitto della speranza che ogni giorno percorrono migliaia di centroamericani. Dalla questa sua esperienza è scaturito  il suo interessante documentario “Maria en tierra de nadien”.
E le donne che intraprendono questo viaggio già sanno i rischi di violenza sessuale ai quali vanno incontro. Secondo Argan Aragno, uno specialista in migrazione che ha fatto il tragitto dei migranti e sta facendo un dottorato in sociologia alla Sorbona dalle 6 alle 8 donne su dieci sono stuprate durante il tragitto, o devono comunque ricorrere a “favori sessuali” per avere facilitata la vita durante quest’ odissea che forse le porterà negli Stati Uniti e dove forse riusciranno a costruirsi un futuro migliore. Gli abusi di cui sono vittime provengono essenzialmente dai Coyotes o Polleros e cioè i malavitosi che gestiscono il traffico di uomini, gli assalitori che aggrediscono con sistematicità i migranti in cammino e anche le autorità messicane che le estorcono pagamenti in natura. E nessuno si preoccupa delle migranti. Ecco che loro si autorganizzano:
Alcune con scorte di preservativi, che le preservano dalle malattie e dall’inseminazione ma difficilmente un violentatore o un estorsore permette alla donna di infilargli il preservativo….. altre magari più giovani carine e sexy si trovano un marito per il viaggio….. offrono le loro prestazioni sessuali e la loro femminilità ad altri migranti o direttamente ai polleros in cambio di protezione…. ma ultimamente invece, moltissime ricorrono ad iniezioni di Depo-provera, un composto anticoncezionale di un solo ormone chiamato medroxiprogesterona che impedisce il rilascio dell’ovulo per tre mesi con un’efficacia che arriva fino al 97%. E’ un medicinale venduto liberamente nelle farmacie centroamericane. Ovviamente così, le donne  non impediscono il pericolo di malattie ma con un ottimo margine  riescono comunque a scongiurare il pericolo di una non voluta gravidanza.
 Mi è venuta voglia di approfondire cosa è il Depo-provera. E risulta che è un medicinale che anche se può essere usato come anti concezionale è comunque concepito come “terapia palliativa del carcinoma dell'endometrio metastatizzato ed inoperabile e del carcinoma mammario ormonodipendente in fase avanzata in donne in post-menopausa” (così come scritto nel foglietto illustrativo del prodotto). Dato che la sua assunzione non controllata può provocare tromboflebiti, insufficienze epatiche e aumentando il rischio di osteoporosi deve quindi essere  integrata da calcio e vitamina D, si capisce come la sua somministrazione è opportuna  accompagnata  un  attento controllo medico. E come anticoncezionale, anche se con un elevato tasso di efficacia, è comunque contro indicato dai medici dato sono state rilevate importanti alterazioni del ciclo mestruale con rischio di sterilità.
 Ma ormai quest’anticoncezionale fai da te, così efficace e di facile accesso ma anche così poco indicato, si è tanto diffuso tra le donne che iniziano quel lungo, pericoloso e drammatico percorso migratorio. Così diffuso che è stato ribattezzato “la pillola anti-Messico”.
  Gabriele Morandi

Simbolo della dittatura di Stroessner viene dichiarato monumento storico


Assuncion, 27 Novembre. Il Ministero di lavoro  e giustizia del Paraguay ha annunciato  nell’ambito di un incontro avvenuto ieri  presso il carcere di Emboscada che il penitenziario stesso sarà dichiarato sito storico e verrà eretto li davanti  un monumento dedicato alle donne e agli uomini uccisi e torturati durante la dittatura  di Alfredo Stroessner (1954-1989). L’incontro è stato caratterizzato dalle testimonianze di detenuti politici incarcerati nel penitenziario durante la dittatura, testimonianze scandite da pianti e lacrime.
Durante il regime di Stroessner  il penitenziario fu utilizzato come atroce luogo di tortura per i detenuti politici, i quali soffrirono trattamenti umilianti e degradanti. Le testimonianze  dei familiari e dei sopravvissuti rivelano che non solo i perseguitati politici furono internati e torturati, ma anche il loro famigliari, compresi donne incinte e bambini che soffrirono ogni tipo di vessazione.
Il viceministro della giustizia e dei diritti umani Carlos María Aquino ha affermato che “ esistono moltissime storie ed esperienze reali che la cittadinanza e soprattutto la gioventù ed i bambini devono conoscere”. Il funzionario ha però affermato che comunque, le celle conservano ancora penosa situazione che era vissuta all’epoca della dittatura” La grave situazione di inumanità e sovraffollamento in cui ancora vivono i detenuti  nel penitenziario di Emboscada fu già da mesi denunciata nella stampa paraguaya e soprattutto dal quotididiano ABC.
Il regime militare capeggiato da Alfredo Stroessner è stata la più lunga dittatura che abbia coinvolto un paese latinoamericano. Appoggiato dagli Stati Uniti, questo militare di origine tedesca e veterano della guerra del Chaco, ha comandato il Paraguay per 35 anni. Prese infatti il potere nel 1954 abolendo la costituzione e iniziando un regime repressivo che non risparmiò nessun tipo di atrocità ai suoi oppositori. Solo nel 1989, quando con  la caduta dell’Unione Sovietica finì “la paura del comunismo” e la strategia delle dittature militari avevano finito il loro corso, cessò l’appoggio degli Stati Uniti e di conseguenza il dittatore fu deposto.  Rifugiatosi in Brasile(dove è morto nel 2006), Alfredo Stroessne r fu condannato in contumacia nel 1997 per  crimini contro l’umanità. 
Gabriele Morandi

sabato 26 novembre 2011

Nicaragua:OSA riconosce la correttezza delle elezioni...ma il Costa Rica no!

Il capo delegazione dell’Osa , Organizzazione degli Stati americani, ha presentato una relazione dichiarando la correttezza delle recenti elezioni in Nicaragua e riconoscendone la legittimità. Questa relazione si aggiunge alla dichiarazione del capo della delegazione dell’Unione Europea, Luiz Yanez, due giorni dopo le elezioni, che ha fatto così cadere i dubbi sollevati dalle opposizioni rispetto ad una presunta “frode elettorale”. Nonostante che le opposizioni e parte della società civile ancora non riconoscano la legittimità delle elezioni vinte dal leader del FSLN Daniel Ortega, questo riconoscimento è di fatto già avvenuto dalla comunità internazionale. Ma non è stato riconosciuto dal governo  del Costa Rica, che rispetto all’utilizzo del Rio San Juan (fiume che divide i due paesi) tiene un contenzioso col governo del Nicaragua  che si sta discutendo al Tribunale Internazionale dell’Aia.
Polemiche  anche le dichiarazioni dell'ambasciatrice statunitense Jullisa Reynoso, che mantenendo la linea del Dipartimento di Stato Americano si è detta "preoccupata per le irregolarità del processo elettorale" esprimendo preoccupazione per lo stato di democrazia in Nicaragua.
L’ambasciatore nicaraguense all’OSA Denis Moncada ha risposto all’ambasciatrice ricordandole la lunga e triste storia di invasioni nordamericane in Nicaragua e il sostegno dato alla dittatura somozista affermando che  "In Nicaragua stiamo costruendo una democrazia a partire da tutto questo accumulato storico. Una democrazia inclusiva, popolare e non di élite, che è la democrazia che vogliono i nicaraguensi e non quella che qualcuno vuole imporci”.
Gabriele Morandi

venerdì 25 novembre 2011

Indignazione in Cile per tributo a ex torturatore

Lunedi 21 novembre nella cittadina cilena di Coruba si è celebrato un tributo a  Miguel Krassnoff , funzionario della polizia politica di Pinochet   e ritenuto uno dei più crudeli repressori durante la passata dittatura militare. Krassnoff è attualmente detenuto presso al Penal  Cordillera, una comoda prigione per ex torturatori e violatori dei diritti umani, dove sta scontando una serie di condanne che sommate arrivano a 144 anni. La cerimonia si è svolta al Club Providencia, dove è stato presentato il libro: "Miguel Krassnoff, prisionero por servir a Chile". Ovviamente la cerimonia ha suscitato forti polemiche, e una moltitudine di persone  si sono radunate verso le 18,30 di ieri intorno al Club.
Un falso allarme bomba ha provocato l’evacuazione dell’edificio, ed i partecipanti alla cerimonia si sono a quel punto scontrati con i manifestanti con il risultato di un violento scontro culminato con l’intervento dei “Carabinieros” ed il risultato finale di 6 feriti tra gli agenti e 9 arresti (fonte http://diario.latercera.com/2011/11/22/01/contenido/pais/31-91336-9-masiva-funa-y-enfrentamientos-marcan-acto-por-krassnoff-en-providencia.shtml)
La portavoce dell’ Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos (AFDD), Mireya García ha definito inaccettabile la cerimonia contro il torturatore denunciando la decisione del sindaco di Coruba  di autorizzare la cerimonia. Il sindaco di Coruba Cristian Labbé si è giustificato dicendo che Miguel Krassnoff è stato suo compagno  all’Accademia Militare e quindi  l’autorizzazione della cerimonia è stato un atto dovuto “per un vecchio compagno d’armi”.
Mireya Garcia ha inoltre denunciato la violenta repressione della manifestazione che era caratterizzata soprattutto da striscioni, cartelli e foto di desaparecidos.  Gas lacrimogeni e getti d’acqua lanciati direttamente sui corpi dei manifestanti, tra cui ragazzi giovani, donne, dirigenti sindacali e rappresentanti di associazioni per i diritti sociali ha precisato l’attivista, che ha poi aggiunto come l’impressionante partecipazione a questa manifestazione di sdegno sia la dimostrazione che” anche i giovani non stanno dimenticando gli orrori della dittatura”.
Alicia Lira rappresentante dell’Associazione dei familiari dei perseguitati politici ha definito queste celebrazioni “un affronto alle famiglie dei desaparecidos e delle vittime della dittatura”.

Miguel Krassnoff  tra  i molti crimini risulta  coinvolto anche nell’omicidio del cantautore Victor Jara e di  Miguel Enríquez ,leader di Movimiento de Izquierda Revolucionaria.
Gabriele Morandi

L'Argentina discute l'aborto

                                                                                                                                  

 
 



 





 
Lo scorso martedi 1° novembre nei locali del Congresso dei deputati di Buenos Aires è iniziata una storica discussione finalizzata alla legalizzazione dell' aborto. Dopo l'approvazione nel luglio del 2010 della legge che regolarizza i matrimoni gay ( unico paese in America latina), sembrava che un altro importante passo consacrasse  l'Argentina come paese all'avanguardia nel continente latino americano per il  rispetto e la promozione dei diritti civili.
La discussione ha coinvolto la Commissione di legislazione penale, presieduta dal cordobese Juan Carlos Vega, della Coalición Cívica (CC). 
Mentre fuori dal Congresso si riunivano in due differenti presidi sia le realtà antiabortiste, sostenute soprattutto dalla Chiesa Cattolica e capeggiate dal Movimento Alerta Argentina, e le realtà che sostengono il diritto della donna ad abortire.(vedi foto)
Nonostante il risultato favorevole alla proposta di depenalizzazione dell'aborto raggiunto in commissione, tale risultato si è scontrato con il mancato raggiungimento del quorum. Ha probabilmente pesato la mancanza del sostegno della rieletta presidentessa Cristina Kirchner, che nonostante abbia affidato alla coscienza dei suoi colleghi di partito la questione, ha sempre manifestato la sua contrarietà all'interruzione volontaria di gravidanza.  E peserà in futuro, se pensiamo soprattutto che dal prossimo anno avrà la maggioranza dei deputati in entrambe le camere. Juan Carlos Vega non si è dato per vinto ed ha annunciato che la prossima settimana proporrà il dibattito nell' ambito di un'assemblea plenaria che coinvolgerà anche la altre due commissioni parlamentari: Famiglia e Minoranze, e Salute. Ma i presidenti di queste due commissioni non sembrano comunque disponibili a riunirsi in questa assemblea, come hanno anticipato al quotidiano La Nación (http://www.lanacion.com.ar/1420257-se-congelo-el-proyecto-sobre-aborto).
Ma una delle sostenitrici della legalizzazione del diritto della donna ad abortire, la deputata Cecilia Merchán (Libres del Sur) sostiene che un passo importante è comunque stato fatto iniziando il dibattito in Parlamento, dibattito che ormai non potrà essere più eluso.

La questione dell'aborto in America Latina ha una dimensione drammatica. Secondo una stima elaborata dal SEMlac,  nel continente latinoamericano e nel Caribe circa 3 milioni di donne ricorrono all’aborto e altrettante solo in Brasile. In maniera clandestina e pericolosa.
Le alleanze tra governi e Chiesa cattolica hanno prodotto una forte criminalizzazione assumendo forme di vera e propria regressione sociale. Una ricerca effettuata da SEMlac sulla legislazione vigente in Argentina, Bolivia, Colombia, Cile, Cuba, Guatemala, Messico, Nicaragua, Perù, Repubblica Dominicana, Uruguay e Venezuela, evidenzia che la pressione esercitata da gruppi più conservatori della società civile e dalla chiesa cattolica, è riuscita, in molti di essi , a rendere le norme penali sempre più restrittive.

In Cile nel 1989, quando la dittatura militare agonizzava, si criminalizzò l'aborto in qualunque caso, situazione che prosegue tuttora.

"La madre non può abortire anche se il feto ha degli handicap, anche se non l’ha desiderato, anche se frutto di una violenza e, nonostante, il rischio di morte",- Jaime Guzmán, gestore della Costituzione ereditata dal periodo di Pinochet e fondatore dell'Unione Democratica Indipendente -
Oltre al Cile, anche Repubblica Dominicana, e Salvador, sono i paesi dell'America latina che hanno criminalizzato l'aborto a prescindere dal nesso di causalità. In Cile costituisce la terza causa di morte materna.
Nella Repubblica Dominicana, una riforma costituzionale promossa il 17 di settembre 09, stabilisce il diritto alla vita dal concepimento e l'aborto è equiparato alla pena di morte. Ma il caso forse più grottesco è quello del governo del Nicaragua, dove una forza di sinistra e rivoluzionaria come il Frente Sandinista, in nome di una riconciliazione con la Chiesa Cattolica che gli ha permesso di tornare al potere dopo 16 anni, ha inasprito le leggi sull'aborto penalizzando anche quello  terapeutico. Condannando in pratica una moltitudine di donne ai ferri delle curanderas e  ai  bizzarri e pericolosi metodi fai da te. Mentre non c'è da dubitare che le figlie della borghesia scaturita e legata all'elite politica del FSLN, non si faranno troppe remore morali nell'andarsene ad abortire nelle cliniche dell'amica Cuba. Cuba unica eccezione insieme al Messico ( anche se limitatamente ad alcuni stati tra cui il D.F. e cioè lo Stato della capitale Città del Messico) e la Guyana  nel panorama latino americano.  A Cuba d dal 1965 l'aborto è legale e gratuito per tutti. Il Messico invece ha segnato un inversione di tendenza rispetto alla già citata regressione sociale, culturale e politica che caratterizza la politica latino americana rispetto a questo tema. Infatti in Messico è stato legalizzato nel 2008, quando la corte di appello a cui si era affidato il presidente conservatore Calderon ha invece sancito la costituzionalità della legge che permette il diritto di abortire senza restrizioni nei primi tre mesi di gravidanza. Curiosa ma nemmeno più di tanto, la scomunica voluta dai vescovi di Città del Messico nei confronti del Sindaco della città e avvallata dal Papa.

Aspettando l’evolversi della discussione in Argentina, ci auspichiamo che questo rappresenti l’inizio di un importante inversione di tendenza in un continente dove abortire significa, soprattutto per le donne appartenenti alle classi più povere, rischiare la vita e la libertà.

Gabriele Morandi
foto di Delfina Curries