sabato 3 dicembre 2011

Folco Testena: un intellettuale e idealista italiano sbarcato sul Rio de la Plata

Con questo post voglio iniziare una serie di contributi che parlino di un aspetto particolare della immigrazione italiana in Sudamerica e soprattutto sul Rio de la Plata. Un aspetto costituito da peculiari personaggi: poeti, scrittori e soprattutto idealisti che sbarcarono  all’inizio del’900, in una fase storica cruciale, portandosi spesso insieme a qualche scheletro nell’armadio anche una notevole vivacità intellettuale e ideale.
Inizio oggi introducendo il personaggio di FolcoTestena.  Con questo pseudonimo il marchigiano Comunardo Braccialarghe intraprende la sua importante carriera di critico letterario, traduttore e giornalista nel Rio della Plata.
Testena nasce a Macerata nel 1875. Di famiglia socialista da cui eredita gli ideali e la tendenza libertaria (significativo il nome Comunardo, palese riferimento alll’esperienza della comune di Parigi), fu seguace delle idee di Amilcare Cipriani e nel 1897 partecipa alla spedizione di Ricciotti Garibaldi a fianco dei greci nella guerra greco - turca guadagnandosi il grado di sottotenente. Fu insegnante del giovane Benito Mussolini, nella sua fase di “sovversivo di estrema sinistra”.
 Emigra in Argentina negli anni dieci del ‘900 in seguito ad una condanna per bancarotta fraudolenta aggiungendosi così alla consistente comunità marchigiana presente nel paese latino americano.Diventa una figura importante del giornalismo italiano in Argentina, inizialmente come redattore della “Patria degli italiani”, poi come direttore de «L’Italia del popolo» e infine dopo l’intermezzo del ritorno alla «Patria» (sarà corrispondente da Montevideo) negli anni trenta sarà direttore del quotidiano «Il giornale d’Italia».  È espulso dall’Argentina nel 1935, in seguito  a “intemperanze verbali”nei confronti del ministro degli esteri argentino che a Ginevra aveva votato a favore delle sanzioni all’Italia in seguito all’aggressione all’Etiopia. Farà ritorno in Argentina solo dopo la fine della guerra riprendendo a frequentare la redazione del «Giornale d’Italia». Muore a Buenos Aires nel 1951.
La storia politica di Testena è quanto mai controversa e a momenti indecifrabile anche per le stese autorità. Cresciuto negli ambienti del socialismo bakuniano e a contatto con i suoi esponenti come Malatesta, Andrea Costa e Pietro Gori, diverrà interventista nel 1915 sostenendo l’Italia in guerra dalle pagine de «L’Italia del Popolo» a cui aveva dato un’impronta mazziniano-democratica.
 Con l’avvento del fascismo inizia il percorso controverso di Testena. E’ inizialmente avverso al regime: con Enrico Pierini (che nel frattempo è il nuovo direttore de «L’Italia del Popolo») e Giuseppe Parpagnoli nel 1924 è tra i fondatori del circolo Giacomo Matteotti di Buenos Aires e l’anno seguente collabora alla fondazione dell’Associazione internazionale della stampa antifascista di cui ne cura lo statuto e al progetto che rimarrà incompiuto del Fronte unico antifascista. Ma già dal 1926 interviene più volte nel giornale «Critica» con articoli che un certo qual modo suonano ad approvazione del fascismo e sulla rivista «Nosotros» invita a smorzare i toni della polemica antifascista, affermando gli eccessi degli oppositori di Mussolini in esilio. Nel 1934 l’ufficio stampa dell’ambasciata italiana definirà Testena (nel frattempo divenuto direttore del «Giornale d’Italia») “un simpatizzante del regime con idee indipendenti e alcune volte critiche”.
 In un suo libro scritto alla fine degli anni ’30 in occasione di un suo rientro in Italia: Veinte días de un socialista en la Roma de Mussolini, Testena descrive l’esperienza fascista come un’interpretazione pratica del suo ideale socialista. Il percorso politico distorto e gli atteggiamenti incoerenti di Testena saranno però giustificati da Ettore Rossi, direttore dell’autorevole settimanale «Il corriere degli italiani» che nello stesso giornale (alla sua morte) ricorderà che la stessa sorte era toccata a tanti socialisti e anarchici, che si erano trovati come lui a “procedere nel duro mondo attuale, mentre il (loro) cuore e il (loro) cervello erano perduti nella diradata atmosfera dei sogni e dei miraggi di fine secolo”.Ma è nell’ambito di traduttore e di critico letterario che emerge il valore e la figura di Folco Testena. Infatti, parallelamente alla sua attività di giornalista nei giornali della comunità italiana, si dedica ad un intenso lavoro di scrittore conferenziere e traduttore di opere italiane nello spagnolo rioplatense ed opere argentine in lingua italiana. Tra le molte opere da lui tradotte spicca la traduzione (uscita nel 1919) del Martín Fierro di Hernández, che fu la prima traduzione in italiano del grande classico della letteratura argentina.Ma parlando della figura di Testena è importante evidenziare la sua partecipazione al dibattito culturale, la quale coinvolse in maniera determinante l’impostazione con la quale veniva proposto e dibattuto l’aspetto letterario nelle pagine de «L’Italia del popolo» nei due anni in cui  ne fu direttore.  Due elementi caratterizzano le posizioni di Folco Testena a riguardo:
1.             La necessità di una reciproca conoscenza della letteratura tra argentini e italiani
2.             La letteratura italiana come portatrice dei valori risorgimentali e patriottici
Folco Testena è stato anche un prolifico autore di romanzi, di cui mi va di segnalare La barca di Caronte (1923), straordinario esempio di quella che sarà definita “letteratura di emigrazione”, in cui vengono dipinti significativi ed emotivi  quadretti di vita nella comunità italiana a Buenos Aires: dove l’anarchico Corrisvelto, dopo essersi più volte tratto d'impaccio grazie alla sua fisarmonica, "piangeva suonando" al pensiero dei compagni uccisi dalla polizia nella Buenos Aires del primo dopoguerra.
Gabriele Morandi

Nessun commento:

Posta un commento